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È giusto o sbagliato?
Nulla può suscitare la perplessità di un cristiano più di una
domanda che spesso si pone: è giusto
o sbagliato? Senza dubbio, nell’esperienza cristiana talvolta
è molto difficile definire ciò che è giusto e ciò
che invece non lo è. Bisogna considerare che la coscienza
individuale non può essere il criterio ultimo della condotta,
perchè la coscienza umana e molto vulnerabile. La Bibbia
afferma che la coscienza puòessere arida come il ferro
e può approvare azioni della condotta che non hanno alcun
effetto sulla vita cristiana di chi le compie, ma possono, invece,
distruggere la fede del fratello.
Come possiamo sapere quel che è giusto e quel che è
errato nella vita cristiana? Questo e il nocciolo centrale della
fondamentale dottrina della santificazione. Perché la santificazione
non é un insieme di proibizioni o di procedure, ma un’attitudine
della vita e una esperienza con Dio.
La Bibbia non da un modello generale
per l’esistenza specificando quello che dovrebbe o non
dovrebbe essere fatto, ma stabilisce principi di condotta.
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Molto spesso nella Scrittura troviamo ripetuta la frase:
"Tutto mi è lecito ma
".
Nella ricerca tesa a trovare una serie di principi-guida
per le "zone grigie" della
vita moderna riguardanti il giusto e l’errato, è
importante considerare le norme bibliche della condotta
perché seguendole possiamo promuovere la verità,
la santitàe la fede.
La Scrittura chiaramente insegna che esistono tre norme
basilari della condotta cristiana.
La norma del progresso
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"Ogni cosa m’è lecita ma non ogni cosa è utile"
(1 Cor. 6:12).
La radice da cui deriva nell’originale il termine
"utile", e "far
progredire". Perciòò, la prima norma biblica della
condotta è che tutte le cose, per quanto legittime possano
apparire, sono errate se non risultano di ausilio al progresso
spirituale personale. La santificazione, quindi, implica lo sviluppo
della vita spirituale, delle convinzioni spirituali e delle azioni
spirituali. Il modo in cui mi comporto negli affari, nell’esperienza
sociale, sarà giusto o errato nella misura in cui queste
cose influiscono sullo sviluppo della comunione con Dio.
Una tragica mancanza di tali salde convinzioni rende molti credenti
insipidi nella loro esperienza e nella loro testimonianza cristiana.
La norma del progresso spirituale deve sempre rafforzare l’esperienza
del credente.
"Non ogni cosa è utile" o
espediente, quando quello che io faccio e i luoghi che frequento
impediscono la mia comunione con Cristo. Per conoscere la vera
misura di una vita santa, Cristo deve poter partecipare a tutti
gli aspetti della mia esistenza quotidiana. Nessun luogo può
considerarsi consono se il credente che lo frequenta non si sente
a suo agio avendo Gesù Cristo per compagno. Ne consegue,
perciò, che ogni credente deve individualmente scoprire
il tipo di rapporto che intrattiene con le cose che sono lecite.
Perciò, il vero criterio di una vita santa e prima di tutto
la certezza che ogni cosa collabori allo sviluppo del credente
nell’adempimento della volontà di Dio. Ogni cosa che lo
allontana da questo obiettivo per quanto legittimo o attraente
possa apparire, risulta automaticamente dannosa per l’esperienza
cristiana.
La norma dell’autorità
"Ogni cosa m'è lecita ma io non mi lascerò dominare
da cosa alcuna" (1 Cor. 6:12). Questo è il secondo
criterio della condotta cristiana. Il credente è sotto
l’autorità di Cristo e il fattore dominante della sua esperienza
deve essere sempre la signoria di Gesù. Occorre perciò
provare tutte le cose con questo principio. Nulla deve dominare
la vita del credente. É facile che il mondo inanimato stabilisca
un controllo sul pensiero del cristiano, come, per esempio, le
ambizioni che sono contrarie alla legge dell’amore in Cristo Gesù,
o altri credenti che cercano di dirigere la vita degli altri con
dichiarazioni spirituali illegittime.
La vera santificazione evangelica della vita si riconosce quando
nulla riesce a dominare l’esistenza del cristiano perché
altrimenti egli perde i privilegi della propria libertà.
Le cose legittime, quando assumono un carattere predominante nell'esperienza
del credente, sviluppano in modo impercettibile una forma di schiavitù.
É come il primo, finissimo filo di seta quasi invisibile
che può trasformarsi in una corda che alla fine immobilizza.
Il fondamento di una vita santa è l’equilibrio nel rapporto
del cristiano con le cose che lo circondano. Occorre mettere Dio
al primo posto in ogni aspetto della nostra vita oppure l’innocuo
può divenire pericoloso e dominare la nostra condotta cristiana.
Troppe esistenze sono state rovinate nella testimonianza cristiana
per aver dimenticato questa semplice verità che il credente
non deve lasciarsi "dominare da cosa alcuna".
Vivere in santità non è privarci di ciò che
è buono, ma allontanarci da qualunque cosa che, per quanto
legittima, potrebbe alla fine diventare il fattore dominante della
nostra esperienza.
La norma del rapporto sociale
"Ogni cosa è lecita ma non ogni cosa
è utile; ogni cosa è lecita ma non ogni cosa edifica"
(1 Cor. 10:23). Il termine edificare significa "costruire",
ed è collegato al contesto
"nessuno
cerchi il proprio vantaggio
" (verso 24). Una vera
vita santa non è isolamento dagli altri, ma piuttosto coinvolgimento
totale con interesse sincero per chi ci circonda. In Romani 14:15
è detto, che non dobbiamo
"perdere….colui
per il quale Cristo è morto!"
Qui il riferimento è preciso
e riguarda il credente che non deve compiere determinate
azioni, per evitare di distruggere la fede di un suo fratello.
Ogni cosa diviene ingiusta, se distrugge la fede altrui,
anche se in apparenza quell’azione può sembrare
innocua. Il criterio non si fonda sulla mia coscienza,
ma su quella del mio fratello. Infatti, questo principio
di santificazione biblica progredisce per l’uso della
parola "edificare". Ogni
cosa può divenire pericolosa ed è contraria
ai principi di Cristo se non eleva la fede degli altri.
La frase "che male c’è",
non dovrebbe mai far parte del vocabolario di un cristiano
perchè, se veramente amiamo i nostri fratelli,
cercheremo il loro progresso spirituale.
Questo è il principio di mutua responsabilità.
Il progresso individuale di ogni cristiano
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è direttamente proporzionale al suo contributo
nello sviluppare l’esperienza cristiana del proprio fratello.
Purtroppo anche il contrario è vero. L’incapacità
di collaborare allo sviluppo spirituale di un altro cristiano
manifesta un’attitudine egoistica tendente a fare ciò che
piace, piuttosto che interessarsi allo sviluppo spirituale del
credente, e piuttosto che interessarsi al suo bene, ne demolisce
il carattere.
La vera santità è una vita cristiana coerente, non
è perciò una serie "di fai
o non fai" che provvede allo sviluppo dell’esperienza cristiana,
ma, piuttosto, un’applicazione dei principi biblici della condotta
che possono essere riassunti nei testi citati con:
"Ogni
cosa m’è lecita".
Ci rallegriamo della libertà nella quale Cristo ci ha introdotti
sottraendoci al dominio del peccato. Ringraziamo Dio perchè
le catene che tenevano schiava la nostra esistenza sono state
spezzate dalla potenza di Cristo, ma esiste ancora la possibilità
che il cristiano si renda schiavo di cose che lo legano ad una
forma esteriore piuttosto che a profondi principi spirituali della
vita in Cristo.
La libertà che Cristo vuole farci realizzare e quella di
rimanere nei limiti di una vita spirituale vissuta nell’ampia
libertà dell’esperienza cristiana.
R.H.
da:
"Cristiani Oggi" 15,16/90