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  Studiare la Bibbia - parte seconda

Quando leggiamo la Bibbia con uno scopo ben chiaro in mente, e cioè quello di studiarla approfonditamente, non è sufficiente leggere un libro per poi passare ad un altro senza averne afferrato le verità in esso contenute. Non dobbiamo “sorvolare” la Bibbia, dobbiamo piuttosto “camminarvi” dentro, coglierne i profumi, contemplare da vicino ogni gemma di grazia che rifulge di una luce divina, fermarci a ponderare, riflettere, pesare i significati e gli insegnamenti che scaturiscono dal Libro di Dio. La Parola del Signore deve fare presa sul nostro cuore, illuminare la nostra mente per la virtù dello Spirito Santo e ispirare la nostra condotta.
A tal proposito, in un numero precedente de “Il Consigliere...” (n. 10), abbiamo esaminato il valore del metodo di studio devozionale e la sua applicazione nell’esposizione della Scrittura. Innanzi tutto, facciamo una precisazione di carattere terminologico. La parola metodo, dal greco méthodos (inseguire, andare dietro), è l’insieme dei procedimenti logici messi in atto per raggiungere uno scopo o determinati risultati. Il termine greco è composto dalle particelle metà (oltre) e hodòs (cammino).
Per “sapersi muovere” nella Scrittura usando differenti metodi, bisogna sicuramente e prima di tutto avere un buon spirito di osservazione. Irving L. Jensen, nel suo libro dal titolo Enjoy your Bible (Moody Press, Chicago, 1969), a tale proposito afferma:
“Per trarre profitto dallo studio della Bibbia, tra le altre cose:
— Prima immagina l’insieme de testo, poi esaminane le parti; — osservalo in modo generale, poi studialo in modo analitico; — grattane la superficie, poi trivellalo in profondità; — dai uno sguardo
panoramico, poi usa il microscopio.
Sapersi muovere nella foresta delle molteplici verità e le svariate grazie bibliche è di enorme aiuto per penetrare la Scrittura a dovere; bisogna farlo con metodo e prima di ogni analisi particolareggiata dobbiamo valutarne l’insieme”.

Quando studiamo la Parola di Dio dobbiamo sapere alcune cose basilari del testo che esaminiamo, per questo dobbiamo porci alcune domande retoriche:
chi è lo scrittore; — quando è stato scritto: il tempo; — perché è stato scritto: lo scopo; — dove è stato scritto: il luogo; — in quale occasione è stato scritto; — quale tema è sviluppato; — quale stile lo caratterizza.
Queste sono informazioni che si possono raccogliere in alcuni testi come Commentari (in preparazione il Nuovo Commentario Biblico Illustrato - Ed. ADI-Media); all’inizio di ogni libro della Bibbia, nella Vers. Nuova Riveduta 2006 - R.C. Thompson, oppure, per chi ha dimestichezza con il PC, nel programma di studio biblico Ta Biblia 2.
Questo metodo di studio, dal generale al particolare, è solitamente definito studio biblico deduttivo al quale possiamo confrontare quello induttivo. Queste definizioni, deduttivo o induttivo possono essere applicate a diverse cose, incluso i metodi di pensiero o di studio. Facciamo, a questo proposito, alcune considerazioni introduttive e generali.
    Il metodo di ragionamento deduttivo
È un metodo didattico che porta alla conclusione di un ragionamento procedendo dall’universale al particolare. È un metodo utilizzato sia in matematica sia in fisica, in questi casi leggi e principi sono preesistenti e non è necessaria una verifica sperimentale; addirittura, le stesse teorie prescindono dall’esperienza a questo punto le verità sono di tipo assiomatico, si tratta di deduzioni, appunto.
Ad esempio data una regola, un principio, una teoria (argomento generale o universale, come è meglio dire), si produce un esempio, un caso, un’applicazione (si è quindi nell’ambito del particolare). Quindi, il ragionamento assunto nel metodo deduttivo è quello di partire da premesse certe per trarre una necessaria e conseguente conclusione, dal generale allo specifico. Per esempio:

  • Premesso che: tutti gli uomini sono dei mortali;
  • Premesso che: Socrate è un uomo;
  • Se ne conclude che: Socrate è mortale.

  • Il famoso sillogismo aristotelico. Aristotele era sostenitore del metodo deduttivo. Su questa base i cattolici romani affermano che Maria è madre di Dio: Gesù è Dio, Maria è la madre di Gesù, quindi Maria è la madre di Dio.
    Ora, se tutte le premesse fossero vere e la formulazione corretta e valida, allora la conclusione sarebbe necessariamente giusta. Diversamente, se uno di questi elementi non è corretto, o parzialmente vero, allora la conclusione non sarà necessariamente giusta. Per esempio:
  • Premesso che: alcuni uomini sono dei mortali;
  • Premesso che: Socrate è un uomo;
  • Se ne conclude che: Socrate è mortale.

  • Anche se sappiamo che Socrate è mortale (visto, tra l’altro, che è morto), in questo caso l’argomento non si muove logicamente dalle premesse alla deduzione finale, perché, fatte queste premesse, la conclusione può essere anche opposta: Socrate potrebbe essere annoverato tra alcuni di quelli che non sono mortali. La formulazione dell’argomento non è perciò valida e ne inficia la conclusione logica.
      Il metodo di ragionamento induttivo
    È un metodo didattico che porta alla conclusione di un ragionamento procedendo dal particolare all’universale. Il metodo induttivo, infatti, si muove nella direzione opposta a quello deduttivo. Esso prende le mosse dall’osservazione di un’attestazione o affermazione, che sarà esaminata nello specifico per giungere ad una conclusione tratta dalla valutazione del particolare. Per esempio:
  • Premesso che: ho esaminato 10.000 cani;
  • Premesso che: ogni singolo cane ha le pulci;
  • Se ne conclude che: tutti i cani hanno le pulci.

  • La conclusione (in effetti, una generalizzazione) può essere scientificamente vera se non ci fossero altre osservazioni che la contraddicono. Infatti, la mia conclusione si basa sul campione, seppur numeroso, di cani a mia disposizione, se ce ne fosse anche uno solo che non avesse le pulci, allora questo farebbe cadere la mia conclusione. Perciò tutto quello che posso dire e che “alcuni cani hanno le pulci”. Anche in questo caso non si potrebbe concludere con una verità assoluta.
    L’aspetto generale e positivo di questo metodo, però, è l’approccio, per così dire “scientifico” nella formulazione del pensiero. Il già citato sillogismo aristotelico non potrebbe mai dimostrare (nessuno nel 300 a.C. in effetti, lo credeva), che la Terra è sferica, ruota attorno al proprio asse ed effettua una rivoluzione attorno al Sole; ebbene, Copernico prima e Galileo dopo, riuscirono a dimostrarlo, per così dire…  induttivamente.
      I due metodi a confronto
    Il metodo di ragionamento deduttivo si muove verso delle conclusioni inevitabili frutto di un collegamento esatto tra le diverse giuste premesse, le quali devono tutte essere assolutamente vere. Il metodo di ragionamento deduttivo si muove verso delle possibili conclusioni, frutto di un collegamento ipotetico tra le diverse premesse (derivate da opportune osservazioni e valutazioni) che sono scelte tra le probabili giuste premesse (derivate da indagini, disamina e ricerca). Idealmente, il metodo deduttivo è oggettivo nelle sue conclusioni, ma soggettivo nelle sue premesse (vengono date vere per assunto). Idealmente, il metodo induttivo è soggettivo nelle sue conclusioni, ma oggettivo nelle sue premesse (vengono date vere per analisi).

    da: “Il Consigliere della Scuola Domenicale 08”

     
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