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:: Il valore eterno dell’istruzione biblica

Il ruolo dell’istruzione nella cultura ebraica era indubbiamente qualcosa di assolutamente essenziale. L’insegnamento rivestiva un ruolo tutt’altro che secondario per Israele, anzi, scorrendo le pagine di Deuteronomio, vediamo quanto questo fosse importante al punto che, in merito, il Signore diede chiari ordini al Suo popolo (cfr. Deut. 6:4-9; 20-25).
All’inizio, l’struzione aveva il suo centro nella casa stessa di ogni famiglia d’Israele ed alla madre spettava il compito d’istruire i propri figli nei primi tre anni di vita (probabilmente il termine coincideva con lo svezzamento). Ma il periodo di quest’insegnamento si protraeva spesso nel tempo (cfr. Prov. 31:1, 26), in particolare per le figlie femmine alle quali doveva insegnare anche i doveri della casa.
All’istruzione religiosa seguiva quella di un mestiere: i ragazzi venivano ammaestrati nella Legge ma imparavano anche a lavorare grazie all’insegnamento del padre, infatti, Gesù non era soltanto il figlio del falegname (cfr. Matteo 13:55), ma era anche il falegname (Marco 6:3). L’educazione nella famiglia era curata con rigore (cfr. Prov. 6:20). Per esempio, il giovane Succoth, incontrato da Gedeone sapeva già scrivere bene (cfr. Giud. 8:14). Non esisteva la piaga dell’analfabetismo che ha afflitto anche le civiltà più moderne.
Ovviamente, l’istruzione era fondamentalmente religiosa; essa metteva in grado i fanciulli di comprendere la natura di Dio attraverso ciò che Egli aveva fatto e ciò che richiedeva per mezzo della
Legge.
Il già citato capitolo sei del Deutoronomio costituisce un passaggio chiave a proposito dell’istruzione, infatti, le parole dello shamà (ascoltare intelligentemente con l’implicazione dell’attenzione e dell’azione – Dizionario Strong) sono particolarmente illuminati in proposito: "Ascolta, Israele: Il Signore, il nostro Dio, è l’unico Signore…Questi comandamenti , che oggi ti do, ti staranno nel cuore ; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua,…" (Deut. 6:4-9).
Queste parole dovevano essere insegnate, se ne doveva parlare, si usavano nel culto per significare che erano parte della mente e dell’azione, ed erano ripetute ogni volta che si entrava o si usciva da casa.
Gesù dovette frequentare la "casa del libro" a Nazareth; gli allievi si sedevano in semicerchio di fronte al maestro. Gran parte dell’insegnamento veniva impartito nella forma di ripetizione e il processo di memorizzazione portava alla pratica comune della lettura ad alta voce (cfr. Atti 8:30).
La legge tradizionale veniva insegnata a partire dall’età di dieci anni fino ai quindici; il ragazzo più bravo, come avvenne per Paolo, poteva andare a Gerusalemme a una delle scuole della Legge. Lì si sarebbero seduti ai piedi di grandi maestri (cfr. Atti 22:3).
Allora come oggi la Parola di Dio è il nostro pedagogo per condurci a Cristo (cfr. Gal. 3:24,25) ed essa Parola che genera fede nel cuore del credente (cfr. Rom. 10:17) e che porta salvezza eterna (Rom. 1:16).

da: Il Consigliere della Scuola Domenicale. 00




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